C’ erano ancora le stalle e si sapeva che il latte si mungeva dalle tette delle vacche, le oche e le galline sbirciando per il cortile mostravano impudicamente da dove vengono le uova, il maiale, la capra e il vitello erano compagni di gioco, a volte amici fin tanto che non veniva il momento degli arrosti o dei salami e dopo qualche imbarazzo al momento del coltello, seguiva la gioia della tavola.
Sotto l’ aia c’ era la botticella dell’ aceto, se ti tagliavi, prima un ceffone poi ti facevan veder le stelle, con l’ aceto, se ti veniva il mal di pancia impacco di aceto caldo, ti pungeva il calabrone o prendevi una gran pacca aceto freddo, nasceva il vitello, spettacolo vietato ai minori ma visibile attraverso le ragnatele delle finestrelle della stalla o dalle fessure del tavolato del fienile, dopo l’ ultimo “ eeee…. Ruk!! “ che sanciva il travagliato passaggio alla vita di questo mondo, c’ era già la padrona con stracci imbevuti di acqua e aceto per disinfettare, alienare i tessuti slambrati della vacca e svegliare l’ intontito vitello. Nella composta confusione seguita alla dipartita del nonno, qui il divieto ai minori era tassativo, si vedeva circolar bottiglioni di aceto, quello della botticella, quello che ogni giorno serviva a condir l’ insalata!